A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
In questo quarto articolo ci accingiamo ad esplorare l'ultimo tratto di quell'ampio viale, da me paragonato ad un famoso luogo parigino, che conduce da piazza Tricolore alla chiesa dei Santi Nereo ed Achilleo, ossia il viale Argonne.
Ci eravamo lasciati in piazzale Susa, un ampio spazio verde, in cui si trova un moderno monumento dedicato al giudice Guido Galli, circondato da edifici d'epoca particolarmente dignitosi, tra cui spicca per la sua decorazione il civico 4.
Mi limito a citare il notissimo fatto che in questo luogo si trovava il bivio dell'Acquabella, snodo ferroviario che a sua volta prendeva il nome dalle cascine omonime poco distanti.
Attraversata la piazza, ci attende una strada la cui espansione edilizia si è svolta principalmente negli anni '50 del ventesimo secolo, in pieno boom della ricostruzione postbellica. Ecco perchè la prima impressione è che l'ampio e rigoglioso parterre sia affiancato da due muraglioni alti otto piani di edifici in cui la funzionalità è stata senz'altro privilegiata rispetto all'estetica. Tuttavia, come talvolta accade, questa prima impressione viene contraddetta da numerosi esempi di edifici di valore artistico ed architettonico, ed è pertanto di questi che mi occuperò nelle prossime righe.
Procedendo verso l'esterno, il lato sinistro ospita numerosi quartieri di case popolari di varie epoche, alternate talvolta a giardini (come quello dopo via Pietro da Cortona) particolarmente gradevoli. Per lo più però prevalgono gli stabili d'epoca, come le case popolari della zona di piazza Fusina; in particolare, quelle subito dopo la piazza, che occupano l'isolato fino a via Birago, si fanno notare per una lunghissima balconata che occupa l'intero primo piano, girando intorno allo stabile.
A seguire si trova un gruppo di edifici che, nonostante il recente restauro, faticano a catturare l'interesse del turista. Si tratta però di un modello architettonico di notevole importanza, realizzato negli anni tra il 1935 e il 1938.
Stiamo infatti parlando del quartiere "Fabio Filzi", progettato da Franco Albini, Renato Camus e Giancarlo Palanti, ossia tre architetti tra i più noti del periodo. Essi, differenziandosi dalle case economiche di inizio secolo, iniziarono a dotare queste strutture di maggiori requisiti per consentire di viverle con una migliore qualità della vita. Non curandosi quindi più di tanto dell'aspetto estetico, eliminarono le corti ed inserirono quello che potrebbe essere considerato il prototipo del giardino condominiale. Questo quartiere, essendo tra i primi concepiti in tale modo, costituì un esempio di architettura razionale (corpi di fabbrica separati, disposti secondo l'asse eliotermico, dotati di una zona a verde continua) che sarebbe risultato determinante nello svilupparsi successivo di tale tipologia, come ad esempio fu per il quartiere Ettore Ponti in via del Turchino.
Conclude il lato nord un massiccio edificio di epoca littoria.
Sul lato destro invece si trova una maggiore varietà di edifici, frammisti s'intende ai muraglioni anni '50. Possiamo iniziare segnalando il civico 2, sul cui ingresso si protende un grazioso bow-window, ed il civico 4, la cui facciata, ricoperta di bugnato, ospita tre ordini di balconi: quelli al primo piano hanno colonnine in pietra, quelli al terzo piano sono in ferro battuto, mentre quelli al quinto piano sono in pietra e ferro battuto.
A seguire il civico 12 ha alcuni fregi sulla facciata, ma soprattutto è il preludio ad una bellissima e tranquilla via del quartiere, la via Catania, su cui si affacciano graziose villette e floridi giardini; essa si diparte da viale Argonne pochi metri dopo il civico suddetto.
Poco oltre, il civico 24 ha un interessante balcone con nicchia ed una originale vetrata grigia nell'androne, mentre il civico 32, all'angolo con via Sighele, ha la facciata caratterizzata da un elegante loggione che si sviluppa su tre piani.
Concludendo il lato sud possiamo citare il civico 42, degli anni '50, per il giardino che costeggia la via Marciano ed il civico 52, di epoca littoria, per l'originale portone rosso che precede una vetrata a specchietti.
Siamo così giunti alla chiesa dei santi Nereo ed Achilleo, cui ho già dedicato un articolo, e di cui ricordo solo che fu progettata nel 1937 da Giovanni Maggi e che il suo tesoro artistico è senz'altro la cappella di Fatima affrescata da Vanni Rossi nel 1949.
Concludo con un aneddoto che sicuramente è noto a tutti voi, e che tuttavia merita di esser citato perchè ha dato spessore storico alla zona: il film "Miracolo a Milano", di Vittorio De Sica, fu girato nel 1948 proprio nella zona di viale Argonne e aree limitrofe, in particolare verso Cascina Rosa e via Valvassori Peroni.